17 luglio 2012

“Una ragazza da sposare” di Madeline Wickham (aka Sophie Kinsella)




Ehi, che scoperta!!! La Kinsella era una scrittrice normale prima di impantanarsi nella saga degli “I love shopping”.. e chi l’avrebbe mai detto???


E infatti non è male uno dei suoi primi romanzi prima che diventasse l’idolo delle shopaholic di tutto il mondo: qui racconta la storia di una ragazza che si trova inguaiata in un pasticcio alle soglie del matrimonio e lo fa ingaggiandoti sin dalle prime pagine.

Bello anche l’escamotage di narrare come prologo e non come semplice flashback gli avvenimenti accaduti 10 anni prima alla giovane ed inesperta protagonista Milly, per di più costruito in maniera breve quel tanto che basta per incuriosirti e farti desiderare qualche pagina dedicata all’argomento “matrimonio un-conventional e segreto” in più.

Non c’è che dire, che la nostra Kinsella avesse già nelle corde il personaggio di Becky Bloomwood è chiaro come il sole: qui abbiamo la stessa protagonista ingenuotta, superficialotta, borghesotta (gli aggettivi in “–otta” sono tutti voluti) che si imbarca con leggerezza in avventure più grandi di lei senza pensare troppo alle conseguenze. Un po’ come ben sappiamo che fa Becky con la sua carta di credito….
Dato che ci sono ne approfitto per dire che ho sempre pensato che la protagonista della saga “I love shopping” fosse quanto di più stereotipato (o almeno mi auguro) esistesse letterariamente parlando, un’esagerazione della più nota Bridget Jones ma giusto un zic più stupida e vacua tanto da rovinarne il personaggio. E quando è uscito il film con la non-di-certo-premio-Oscar Isla Fisher, ne ho avuto conferma.

Peccato invece per le discrepanze che arrugginiscono la trama del libro soprattutto agli esordi, in particolare quando il rapporto tra Milly e Simon sembra assolutamente artefatto e costruito su una rete di falsità che invece poi si sciolgono come neve al sole, in maniera fin troppa facilona, al momento clou del chiarimento. Idem il rapporto fra i due genitori che, magicamente dopo una sola sfuriata, si rasserena e li vede praticamente giunti alla fine del percorso di pace fatta. E ari-idem il rapporto padre-figlio Tra Harry e Simon, così deteriorato che non si è visto nemmeno in “Nine months” (cit: il piccolo paziente ciccione che alla prima seduta di psicanalisi con Hugh Grant esordisce con “Mio padre è uno stronzo”) e che poi bastano 2 lacrimucce sulla spalla e torna tutto a posto.
Insomma, finali un po’ prevedibili. Di imprevedibile (o quasi, perché io, non per vantarmi, l’avevo intuito) ci sono invece i rapporti a sorpresa Harry-Isobel, Esme-Milly che danno quel pizzico di pepe in più a tutta la storia.

The LR advice: leggete senza troppe aspettative, ma leggete, perché è un inedito modo di conoscere la cara Kinsella, senza “..a New York”, “…in bianco”, “…con mia sorella”, “…per il baby” ecc ecc.

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