23 ottobre 2013

“Shopping da Prada e appuntamento da Tiffany” di Karen Swan

E con questo siamo a 3 libri della grande Karen Swan, tutti letti, sviscerati e visceralmente amati e naturalmente… recensiti nel blog!

[Piccolo excursus: per chi non se lo ricordasse i 2 libri precedenti sono: “Un diamante da Tiffany” e “Un regalo perfetto”, 2 tomi che hanno fatto balzare Karen al primo posto della mia personalissima classifica di autrici preferite, scalzando Melissa Hill.]

Ranking a parte, con i primi 2 libri ho imparato ad apprezzare soprattutto le trame che questa scrittrice è in grado di costruire, perciò quando è uscito quest’ultimo mi sono fidata sulla parola senza prendere in considerazione il titolo perché ormai  lo sapete (e non c’è quasi neanche più bisogno di ribadirlo) sti titoli sono fatti “ad cazzum” e non c’entrano minimamente con la storia del libro!!

E ora che l’ho letto, sono qui, davanti a un foglio bianco, mortalmente indecisa su come recensirlo! Ma come?? -direte voi- dopo quel popò di preambolo sul fatto che è la tua autrice preferita ci saremmo aspettati una recensione positiva e senza sorprese!!
E invece no! Sono combattuta su a quale voce dare ascolto, se a quella che mi ricorda che il libro mi ha appassionata e tenuta col fiato sospeso per giorni facendomi alzare prima al mattino per leggere, arrivare in ritardo a lavoro per leggere, andare più tardi a dormire per leggere; o se a quella che è rimasta delusa da come frettolosamente e confusionariamente sono stati “risolti” i misteri della trama e di quanto farraginosa è stata la parte finale del libro.

Questa indecisione già rivela il primo punto che volevo affrontare, ovvero che il libro sembra avere 2 anime: un’anima curata, in cui ogni dettaglio della storia sembra sia stato cesellato finemente per costruire uno svolgimento più che avvincente; e un’anima finale sbrigativa e raffazzonata che in soli 2 capitoli ha sgretolato il fine lavoro delle 400 pagine precedenti!
In sostanza non è pensabile che lo svelamento dei misteri, la chiave di volta del racconto si sviluppi in 1 scena, 1 capitolo, 1 manciata di pagine talmente rocambolesche che si fa fatica a connettere tutti i tasselli, a ricordare i dettagli e persino i nomi dei 100.000 personaggi citati! Ma chi era George?? E perché Lily ha avuto un ruolo marginale se era lei la protagonista del dramma principale? Perché a Monty è stato taciuto di avere un figlio? Cosa c’entrava che fosse il fratello di Amelia quello che era morto cadendo dal tetto di Eton? Perché Emily si è fatta sedurre da Harry se il suo unico scopo era la vendetta?
Capito che io non posso leggere un romanzo leggero con la stessa attenzione con cui leggo il Corriere! Perciò lo svelamento deve essere progressivo, devi condurlo sto lettore attraverso il processo di deduzione e poi semmai sorprenderlo con un colpo di scena finale… ma così è chiedergli troppo!
No no no, non va, troppo sbrigativa questa scena da “Tenente Colombo” che riunisce tutti i protagonisti in una stanza e svela che l’assassino è stato il maggiordomo col candelabro! Non ci siamo…

Da tutte queste riflessioni avrete capito che il secondo punto di cui volevo parlare è che questo libro, più che un romanzo romantico o d’amore, ambisce ad essere un giallo. Niente di male, anzi, ma Karen aveva già dimostrato nel libro precedente di avere qualche problemuccio col far fittare tutti i pezzi di un mistero (chi ne vuol sapere di più riveda qui la mia recensione e il dibattito di commenti che ne è scaturito). Karen, sei bravissima, dipingi storie e sentimenti così realistici che sei capace di far provare davvero un senso di partecipazione al lettore, ma coi gialli, figlia mia, vacci piano!! Sii più cauta: meno intrighi, uno o due episodi misteriosi possono bastare, non devi fare Dan Brown se non ti riesce… fai quello che sai fare meglio!!

Ed eccoci qui al terzo punto di cui volevo parlare: questo incitamento che idealmente rivolgo a Karen è davvero frutto di genuina convinzione. Karen Swan è bravissima a prenderti al lazo e trascinarti nella storia, ipnotizzarti con personaggi complessi, poliedrici, ma in fondo comprensibili, insinuare nella tua mente il desiderio costante di continuare a leggere. E questa volta l’ha fatto aggiungendo un ingrediente in più alla sua ricetta: la passione! Passione intesa come sesso, intesa come volgarità, intesa come morte, intesa come malignità, intesa come violenza, intesa come vizio, intesa come sconvolgimento.
Brava Karen, qui sì che hai osato e sei stata ripagata, è questo il terreno su cui devi viaggiare!


The LR advice: allora, il libro VA LETTO, no way, non esiste dire il contrario. Purtroppo va letto con più attenzione e minori aspettative sul finale di quanto preventivato, ma vale davvero la pena. Le 3 protagoniste, di cui nella recensione non ho parlato, vi sapranno davvero catturare. Dategli la chance che merita.

28 agosto 2013

“L’amore della mia vita” di Amy Bratley VS “Un regalo per sempre” di Melissa Hill

Un eccezionale inedito tra le pagine del mio blog: un contest, un duello all’ultimo sangue, una finale da talent show del tipo “Ecco a voi il Best pregnancy book show” o, ancora meglio, una partita di derby.
In sostanza, ho deciso di impostare questo post come un confronto fra due dei libri che ho letto quest’estate, entrambi a tema “gravidanza”.
Uno della mia adorata Melissa Hill, uno della meno brillante Amy Bratley (sì, quella di “Amore, zucchero e cannella” che avevo definito “buono come un succo alla pera”). Verrebbe da pensare a uno scontro tra Davide e Golia più che fra titani, e invece il risultato è quanto mai insospettato…

Ma partiamo dal calcio di inizio.

0 a 0 e palla al centro: si conferma l’impressione che le scrittrici di romanzi chick-lit si scopiazzino amabilmente l’una con l’altra. Probabilmente sono gli editori a decidere i temi cult della stagione ma è innegabile che da Tiffany si sia passato ai bracciali portafortuna ed ora alla gravidanza.

1 a 0 per Melissa: un punto assegnato a Melissa perché nel suo libro riesce a cavalcare un altro dei trend di stagione: il mistero. È piccolo per carità, ma c’è (la malattia del padre di Nina per chi non l’avesse capito)…. Ok ok il mistero è talmente irrisorio, poco approfondito e poco verosimile (soprattutto è poco verosimile che gli altri personaggi non si siano accorti della sua malattia) che possiamo considerare questo come un gol col dubbio di fuorigioco.

1 pari: Amy rimonta e pareggia grazie a un intreccio della storia molto più realistico. Se si deve parlare di gravidanza perché non ambientare il libro a un corso preparto? Non è banale, anzi. Le tematiche di emozioni, sentimenti, personaggi a confronto trovano un terreno molto più adeguato e corretto per esprimersi, tanto che potrebbe essere una true story.

2 a 1 per Amy: in quella che si preannuncia essere una goleada, ecco che Amy segna un altro punto grazie alla varietà e diversità dei suoi personaggi (addirittura 5 le protagoniste), senza aver bisogno di ricorrere a inverosimili star di Hollywood come fa Melissa. Cinque vite diverse ma ugualmente complicate, cinque personaggi veri e toccanti che vedono rovesciarsi completamente, nel bene e nel male, le proprie aspettative riguardo la gravidanza e la maternità.

3 a 1 per Amy: proprio perché il libro è ambientato a un corso preparto, il tema della gravidanza viene trattato con rispetto, con approfondimento, rispetto che sembra mancare nel libro di Melissa. L’autrice cerca si sviscerare, suddividendoli in un caleidoscopio di 5 vite, i diversi modi con cui approcciarsi all’argomento. Un esempio su tutti è quello di Katy, donna con la sindrome di wonderwoman e maniaca del controllo a cui verrà la depressione postpartum vanificando di fatto tutti i piani di maternità fatti prima del parto.

4 a 1 per Amy: arriva anche l’autogol di Melissa: non che la storia delle 3 protagoniste di Melissa non sia coinvolgente, ma la gravidanza più che tema portante sembra un pretesto per giustificare la ricerca delle proprie origini, morali o geografiche, delle 3 donne. Sembra quasi che “Lakeview” come luogo fisico e della mente svolga lo stesso ruolo della gravidanza… ma allora il tema del libro non sarebbe potuto ugualmente essere “Fuga dalla città”?

4 a 2 per Amy: piccola rimonta di Melissa grazie al suo personaggio più controverso, quello di Jess. Donna in carriera che sente di rimanere 10 passi indietro rispetto alle sue amiche tutte sposate con figli. Per lei la gravidanza diventa un tormento, un’ossessione. È il personaggio più completo, più riuscito, più affascinante proprio nel suo cinismo e nella sua incoerenza. I capitoli relativi a Nina e Ruth si leggono veloci solo per incontrare nuovamente le parti riservate alla storia di Jess.

Ammonizione per Melissa: solo ammonita e non espulsa perché posso immaginare che titolo del libro e copertina siano stati imposti dall’editore. Ma “Un regalo per sempre”…. Con una scatolina di gioielli (come sempre di Tiffany) in copertina… ma dico, cosa c’entra coi bambini??!!! Allora meglio la copertina giocosa del libro della Bratley, anche se dà un aspetto adolescenziale a questo libro che invece più adulto non si può.

5 a 2 per Amy: ultimo gol in zona cesarini. Dopo “Amore, zucchero e cannella” avevo avuto la sensazione che l’autrice fosse bravissima ad evocare impalpabili atmosfere fatti di profumi di biscotti ed abiti vintage. Ma la sua capacità di evocare ambienti descrivendoli tramite profumi e oggetti si rivela anche quando protagonisti delle descrizioni diventano talco e pannolini, che riesce a rendere al tempo stesso magici e realistici.


The LR advice: si può dire che non c’è stata partita. Il libro della Bratley va letto subito e con piacere. Quello di Melissa ne esce sconfitto, ed è strano, perché reputo Melissa Hill una delle mie scrittrici preferite. Piccolo consiglio: leggete prima quello di Melissa e poi quello di Amy, almeno così non rimarrete deluse dal confronto.

27 agosto 2013

"Ti prego lasciati odiare" di Anna Premoli

Uno dei commenti che si trovano sul retro del libro è: "Il libro si muove senza incertezze nè sussulti lungo i binari della favola". Non sarei riuscita a trovare una definizione migliore nè più sintetica, sono ammirata!!! Si tratta proprio di una favola, della commedia d'amore per eccellenza con i suoi clichè rodatissimi, i personaggi un po' prevedibilmente stereotipati, le situazioni che classicamente fanno battere il cuore. La misura di quanto questo libro sia zuccherosamente favoleggiante è data dal numero di "ooh" che si tirano durante la lettura.

Non manca davvero nessun ingrediente: due colleghi che si odiano ma il cui odio si trasforma ben presto in amore, balli sontuosi (da principessa), amiche che sono solo comprimarie dell'azione, famiglie contro, recuperi last minute con "inseguimento" in Porsche e così via.
Persino le fasi del libro sono quelle classiche: prima l'odio, poi il disorientamento, poi l'eplosione del sentimento, poi la negazione e infine la speranza. Un plot riconoscibilissimo in (citerò film e non libri perchè sono più immediati da ricordare) pellicole come "La dura veritá", "Come d'incanto", "Come farsi lasciare in 10 giorni".

Ok lo so che non ho citato film da Oscar e che fino ad ora la mia recensione è stata seria come se stessi parlando di "Guerra e pace", ma io credo che ogni tanto faccia davvero BENE concedersi un po' di frivolezza, di fiabe e di sana magia. E a volte fa ancora meglio... Crederci!!!!
Da piccola adoravo "La bella addormentata nel bosco", nessuno mi diceva niente. Ora mi piacciono le "fiabe" d'amore...che male c'è a crederci almeno un po'?

Il libro è davvero super romantico, non potrebbe essere altrimenti, è fatto per emozionare. È un mondo rilassante dove tutto sembra sia possibile, dove il protagonista è bellissimo e ricchissimo, dove l'amore alla fine vince su tutto, persino sulle ritrosie della protagonista, immancabili ma sinceramente anche un filo troppo marcate.

Spesso mi sono scagliata contro trame troppo artefatte, ma stavolta mi sono davvero lasciata riscaldare dalla consuetudine della storia e dalla sua dolcezza. Prima che vi venga il diabete (o che si capisca troppo facilmente che sono in un periodo nostalgico e coccoloso della mia vita), vi voglio rincuorare dicendovi che c'è anche qualcosa di estremamente realistico nella storia. Si tratta di come l'autrice sia riuscita ad evocare in maniera molto palpabile la tensione sessuale che c'è fra i due protagonisti: a volte basta descrivere gli sguardi, aggiungere qualche frase lasciata volutamente a metà, per far sì che sia il lettore a dipingersi in mente il quadro della situazione, a sognare di immedesimarcisi e a provare sensazioni più eccitanti che quelle di fronte a una scena sadomaso stile "Cinquanta sfumature".
E questo particolare iper realistico credo sia dato dal fatto che l'autrice nella vita fa tutt'altro (è in finanza), ha descritto senza mezzi termini solo ciò che ogni donna vorrebbe che le succedesse, non ha avuto bisogno di grandi costruzioni, si è solo lasciata andare a raccontare quello che tutte noi (chi lo ammette e chi no) abbiamo sognato almeno una volta.

The LR advice: sono rimasta estremamente soddisfatta, come si può ben capire. Non vedo l'ora che esca il prossimo libro di Anna Premoli che mi riserverò di leggere proprio in un altro momento di bisogno di romanticismo come questo, per trovare dolcissimo conforto!!!

5 agosto 2013

“La trilogia de L’Allieva” di Alessia Gazzola

Ho deciso di affrontare questa triplice recensione in un colpo solo, non per risparmio di tempo e di forze (non pensate male), ma perché davvero questi 3 libri vanno visti come un insieme.

Da quello che ho capito, il prequel “Sindrome da cuore in sospeso” è stato scritto dopo gli altri due, o forse in mezzo fra gli altri 2. Andrò dritta al punto: è il più interessante dei 3! Le ingenuità della protagonista, così come la trama acerba, il delitto un po’ più da cronaca di provincia che da C.S.I, si fanno perdonare proprio perché la giovane Alice Allevi è ancora solo una studentessa di medicina, nemmeno laureata, alla ricerca del proprio percorso professionale.
Il libro è brevissimo (si legge in un’ora), ma è davvero delizioso: funziona come un antipasto e ti fa davvero venire voglia di leggere il successivo.

Peccato che “L’allieva” vada a incistarsi proprio su quegli aspetti che avevano fatto del prequel un delizioso bon bon: la protagonista, ormai specializzanda, è imprecisa, pasticciona, ficcanaso. Ok, qualità che la contraddistinguono e la rendono a tratti simpatica ma…. Non vi ricorda un po’ troppo Bridget Jones???

Non parliamo poi di “Un segreto non è per sempre” in cui sembra che le “qualità” di cui parlavo poco fa non siano solo esaltate, ma addirittura apprezzate dagli altri personaggi! Ok, anche la Signora in giallo, Miss Marple &co sono delle fiere rompiballe, ma almeno non sono presuntuose e incasinate come sta qua!
Secondo me dalle mie recensioni si evince, ma io ho una netta preferenza per i protagonisti “perfetti”, quelli a cui va tutto bene e che sembra che vivano in una favola: belli, ricchi, sempre al proprio posto nella società e magari anche felicemente innamorati. Insomma, a me sta Alice Allevi ci sono stati certi momenti in cui proprio non m’è andata giù!

Ma io non credo che, poverina, sia stata tutta colpa sua: credo che la cosa più farraginosa dei 2 libri “maggiori” sia stato come erano congeniati i “misteri” alla base. Ho virgolettato la parola “misteri” di proposito, perché ormai Criminal Minds, C.S.I., SWAT e persino Grey’s Anatomy mi hanno insegnato che la soluzione deve essere la più intricata possibile, la più inverosimile, orrorosa e lontana dalla realtà che si riesca a immaginare.
Il difetto dei cari libri della Gazzola quindi è quello di aver costruito dei drammi troppo semplici da districare, in cui sembra che la giovane specializzanda sia ancora più curiosa, dedita e intuitiva degli investigatori incaricati e di sicuro questo non fa gioco all’immagine della nostra polizia versus FBI, CIA ecc.

Da C.S.I. comunque ho capito diverse cose: 1) il medico legale è sempre figo, va sulla scena del crimine in tacchi a spillo e occhiali scuri e NON risolve i casi, bensì dà indizi necessari alla squadra investigativa per risolverli 2) i casi si risolvono in 24h 3) nessuno è inetto, inefficiente, pasticcione, irrispettoso delle regole.
Ok ok, forse i telefilm americani esagerano (forse?), ma Alice mia, tu a volte sei davvero snervante!!!
In ogni caso, “L'allieva” è davvero il meno interessante dei 3: il fil rouge sotteso alla storia (ovvero l’amorazzo della specializzanda col ricercatore) lì è inespresso, mentre nel libro successivo finalmente esplode e fa diventare la nostra protagonista un filo più adulta.
Forse è proprio questo il desiderio più grande che avrei da un ipotetico 4° libro: che la protagonista diventasse finalmente sicura di sé, padrona delle proprie conoscenze, sempre curiosa ma non ficcanaso, perspicace ma per intuizione non per pura casualità, meno credulona e facilona, più matura e pragmatica.
Ma forse vorrebbe dire snaturarla, perciò per ora questi libri (che mi ha consigliato amorevolmente mia sorella) me li tengo stretti lo stesso sapendo che lei (mia sorella) è un medico 100.000 volte migliore di così!!!!


The LR advice: consiglio di iniziare dal prequel e di seguire l’ordine narrativo, non cronologico. Così potrete apprezzare davvero il gusto dell’ingenuità del primo, potrete denigrare la faciloneria del secondo, e potrete (comunque sia) almeno un po’ eccitarvi con la più fine costruzione del terzo ed ultimo libro.

4 agosto 2013

"Beata lei" di Julia Llewellyn

Per certi versi è triste il destino dei libri d’estate: bagnati, spiegazzati, stropicciati, insabbiati. Letti tutti d’un fiato per passare il tempo, a volte così velocemente che si rischia di saltare qualche parola o addirittura qualche riga.
E se sono libri senza sovracopertina (orrore!!), si riempiranno di orecchie e nervature che ne decreteranno l’impresentabilità nella libreria di casa l’inverno successivo.
Però a volte è proprio questo che li rende speciali, un po’ vissuti, un po’ compagni di viaggio nelle afose, soleggiate, piovose o noiose giornate d’estate.

Mi rendo conto che questo inizio così poetico mal si addice alla sostanza di questo libro, letto per davvero tutto d’un fiato ma solo perché… non c’era niente di meglio da fare. Povero lui, che vita indegna.
Se fossimo al suo funerale (e un po’ è così, perché veramente in questi 3 giorni di lettura gliene ho combinate di ogni), direi qualche frase di circostanza come: “Era dedito e onesto, con umiltà svolgeva il ruolo che gli era stato assegnato nella società”.
La verità è che l’assenza di ambizioni non lo ha reso peggiore, solo ordinario, un po’ come quando la maestra a scuola dice a un genitore: “Suo figlio è intelligente, ma proprio non si applica”. Ecco cara autrice dal cognome impronunciabile: non è che proprio tu ti sia ammazzata di fatica eh?

Il peggior difetto del libro è che il tris delle coppie che si avvicenda nel libro passa da momenti di stereotipizzazione totale a momenti di allontanamento cosmico da qualsiasi cosa si possa definire realistica, o anche verosimile.
I 2 personaggi principali nel complesso non erano disegnati male, è stato il ritmo del libro ad essere ondivago. C’è un momento molto toccante quando le 2 protagoniste ripensano ciascuna a suo modo alla propria amicizia, ripercorrendone le fasi e soprattutto i motivi che hanno causato l’allontanamento: ecco questo sì che è stato un momento molto vero. Ma controbilanciato dall’assoluta irrealtà (di cui parlavo poco fa) della terza coppia in gioco, la versione cattiva di Dharma&Greg: antipatici dall’inizio alla fine, forse sarebbero dovuti essere loro l’unica coppia a scoppiare alla fine del libro. E invece no, sarebbe stato troppo banale forse?

E poi ci sono un altro paio di cose a non essermi chiarissime di questo libro: ma in che anni è ambientato? La storia è così generica e priva di nessi con la realtà che sarebbe potuto tranquillamente essere stato un libro di 20 anni fa trovato in un vecchio scatolone!
Altra domanda: perché il tema dell’invidia è super presente all’inizio e alla fine del libro e invece sembra che nello svolgersi della storia sia stato dimenticato e aggiunto posticciamente in un secondo momento solo per giustificare il titolo? Mi sarei aspettata più dispetti, più bisticci… più bastardate tra le 2 amiche, un po’ stile “La mia miglior nemica”, invece al massimo le 2 si evitano e le rispettive vite viaggiano su binari paralleli. Ci sono davvero pochi momenti di confronto e di sincerità fra le due, nemmeno alla fine, e questo è un peccato perché poteva essere un bel libro sul concetto dell’amicizia ritrovata, mentre invece la fine scorre via come acqua in un ruscello, con il solito epilogo troppo frettoloso di chi non sa quanto tempo metterci a far quadrare i conti finali.

The LR advice: Non eccelso, né eccezionale, ma comunque sia onesto, si fa leggere anche se… onestamente (giusto per rimanere in tema) c’è di meglio questa estate da leggere sotto all’ombrellone!

8 giugno 2013

"Il diario proibito di Maria Antonietta" di Juliet Grey


Questo libro è stato proprio una “deviazione dal genere”: e non lo dico solo perché va categorizzato così nel blog, ma proprio perché è stato una vera novità. All’inizio temevo di trovarmi di fronte a uno dei libri della Maria Grazia Bellonci (romanzi storici scritti con il fedele linguaggio dell’epoca… un po’ pesantini, per non dire… du’ palle), ma invece è stato come trovarmi a guardare il film “Maria Antonietta” di Sofia Coppola.
Tant’è che non ho capito se si sia ispirato il film al libro o viceversa.
In ogni caso, il libro si limita alla sola parte pre-regno di Maria Antonietta, quindi infanzia, adolescenza come delfina e travagli sentimentali con il futuro Luigi XVI. All’inizio non l’avevo mica capito (stranamente non avevo letto la trama in quarta di copertina) e quindi man mano che leggevo mi dicevo “mamma mia, ma come è sbilanciato sto libro… siamo a pagina 200 e Maria Antonietta c’ha ancora 15 anni…. Ma cosa si inventeranno per far finire la storia in tempo nel resto delle pagine??”.
Sono una cretina, I know, ma mica avevo realizzato che funzionava così!!! Non potete farmene una colpa… per una volta non ero preparata!
Insomma, alla fine ho mangiato la foglia, sono andata su internet e ho scoperto che forse si tratta pure di una trilogia (e lì, ancora traumatizzata da quella di “Cinquanta sfumature” ho detto per carità!!!).
Torniamo al libro, se no mi perdo in mille divagazioni. Allora il libro è davvero come il film! Sempre sbirciando nei vari blog “concorrenti” ho scoperto che c’è pure un sito dove fanno le video trame dei libri usando pezzi di film, documentari ecc ecc facendo la recensione in voice over. A parte che dico “Ma che voglia c’hai???”, per questo libro ho potuto constatare che anche sti tizi qui hanno avuto l’impressione di vedere un film durante la lettura, tanto che hanno usato solo scene del film di Sofia Coppola per fare la video trama.
Il film, per chi non l’avesse visto, è una versione rockettara della storia, con una sublime Kirsten Dunst (io di solito la odio) che interpreta una regina fatta di vizi, eccessi e squilibri.
Peccato che nel libro, che si concentra sulla gioventù della delfina, questo non emerga e lei sembri molto più un agnellino spaurito che una femme fatale!!
Comunque, il bello dei libri storici è che sai già la trama (cosa che personalmente adoro), ma ti fai trascinare dalla parte romanzata del racconto, da tutto quello che viene aggiunto o inventato dei sana pianta, e di solito è proprio la parte migliore.
Del resto di questo libro non c’è molto da dire: scorrevole, veloce, letto abbastanza tutto d’un fiato (quasi me lo sono portata a lavoro!!): l’ho lasciato da leggere a mia sorella per avere anche il suo giudizio insindacabile.
E’ quasi troppo difficile recensirlo, bisognerebbe mettersi ad analizzare la proprietà della scrittura, la magnificenza con cui sono descritti abiti e atmosfera, la pittoricità del palazzo, degli ambienti, dei sentimenti… un vivido quadro della società dell’epoca. Forse sì, bisognerebbe fare tutto questo… ma sinceramente non sono certa che serva davvero!!! Il libro è bello: un bel divertissement (come direbbe la nostra Maria Antonietta), non basta a convincervi che vale davvero la pena di leggerlo? ;)

The LR advice: siccome è scritto molto molto piccolo, sappiate che è molto più lungo di quanto non possa sembrare perciò per leggere un capitolo ci metterete il doppio del tempo che impiegate di solito. Ma comunque vedrete che vi piacerà… ah e mi raccomando, guardate il film!!

5 maggio 2013

"Léonie" di Sveva Casati Modignani


Quando ho aperto il blog ho pensato con un misto di amore e terrore che avrei dovuto rileggere tutti i libri della Sveva Casati Modignani accumulati negli anni e che campeggiavano sulla mensola in camera. Quando mi sono resa conto che l’impresa sarebbe stata immane (e immotivata, anche per una persona iper pignola come me), ho lasciato perdere anche abbastanza a cuor leggero, giustificandomi tra me e me col fatto che, se avessi voluto veramente recensirli tutti, avrei dovuto aprire una sezione apposita del blog. Sbatti.

Però quando a Natale mi è arrivato "Léonie" si sono riprensentati 3 ordini di problemi:
1)   come riprendere fra le mani un libro della Sveva dopo anni che avevo deciso di darci un taglio
2)   come recensirlo senza fare riferimento a tutti i libri precedenti
3)   come catalogarlo nel blog

Insomma, quesiti degni di una tesi di laurea e che necessitano l’apertura di una parentesi nel blog… l’ennesima!!! (Sì, io sono la donna delle parentesi, degli incisi e di una scrittura ipotattica, irrimediabilmente ipotattica).
Siccome sarà lunga, avrà addirittura l’onore di essere una parentesi quadra.

[La Sveva: noterete che io la chiamo così, amichevolmente, come una vecchia vicina di pianerottolo da cui si bussa per mangiare la crostata il sabato pomeriggio dopo averne sentito l’odore. Emh no, io non ho mai bussato a casa dei vicini per scroccare del cibo (nonostante abbia un olfatto ipersensibile), ma la metafora mi piaceva, per cui poche domande ok?!
Dicevamo, la Sveva: il mio rapporto con lei è iniziato in un lontano pomeriggio di pioggia in montagna quando, entrata nella camera della nonna, ho visto un vecchio libro probabilmente regalato con “Oggi”, “Gente” o cose così, che si intitolava “Il Barone”. Gli ho dato una possibilità… ed è stato amore a prima vista!
Per ANNI non ho fatto altro che leggere lei, e cara grazia che avevo 20 anni di suoi libri arretrati da centellinare! Me li sono passati tutti, gustandomi la sua capacità di studiare intricate vicende familiari che si snodavano nell’arco di un secolo e mezzo in un’Italia che non ricordavo se non nei racconti di nonni e genitori. Una pittrice dei tempi andati, una scrittrice di romanzi storici ma d’amore, di racconti di formazione ma romantici, insomma: l’inventrice di un genere.
Poi però come tutte le cose belle fatte troppe volte, è diventata un po’ ripetitiva, probabilmente è invecchiata, i suoi libri hanno perso di freschezza e in più, da quando la cara Bice (si chiama così) è rimasta vedova (pace all’anima del marito suo) i suoi libri hanno perso anche quella scintilla di malizia e di brio piccantello che li rendeva speziati come il cioccolato al peperoncino. E quindi, pian piano, il nostro amore si è interrotto.]

"Léonie" dicevamo: un esperimento, un riavvicinamento alla Sveva dopo anni di stop. E posso dirvelo care Lettrici: una delusione. Ora mi ricordo peeeerfettamente del perché avessi smesso di seguirla.
Anyway, i libri della Sveva si fanno leggere sempre con estrema scorrevolezza e quindi molto velocemente, anche se aleggiano sulle 500 pagine, e qui va tutto onore al merito all’autrice che effettivamente sa scrivere gran bene, ma sono prosaici, buonisti, artefatti… possibile che me ne accorga solo ora? O è la Sveva che si è raggrinzita su un genere ormai arido di frutti?

Questo è uno dei tanti libri in cui mi lamento del fatto che non succeda niente, ma nel caso della Sveva è ancora peggio perché lei dipana la storia su un secolo e mezzo di tempo, con almeno 3 o 4 protagoniste femminili e con sproloqui che si aggirano sul mezzo migliaio di pagine… aiutatemi! Anzi, aiutatela!

So di essere troppo dura con lei, in fondo le voglio bene, la sento un po’ come un’amica, ma bisogna dirle BASTA con la descrizione di famiglie straricche dell’alto borghesia italiana (ma do’ stanno co’ sta crisi ehhh?); BASTA coi dialoghi talmente perfetti, completi e articolati da essere assolutamente inverosimili; BASTA con le storie surreali di uomini e donne che si fanno da soli e che dalla povertà arrivano ai vertici imprenditoriali; ma soprattutto BASTA coi nomi impossibili per i personaggi!!! Ho capito che è il tuo marchio di fabbrica, ma “Amaranta” non si chiamerebbe neppure la figlia del capo ultras della Reggina!
Del libro per il resto c’è proprio poco da dire: non ha i fasti di alcuni illustri storici precedenti come “Come stelle cadenti”, “E infine una pioggia di diamanti”, “Vaniglia e cioccolato”, “6 aprile ‘96”… ma neppure come del più recente “Singolare femminile” (un libro di una bellezza straordinaria, se non l’avete fatto, leggetelo!).

The LR advice: questo è un consiglio sull’autrice, non sul singolo libro: non so se tra voi ci siano delle conoscitrici della Sveva, in tal caso potrete confermarmi o smentirmi. Per tutte le altre: approcciate la Sveva, ma fatelo partendo dai suoi libri più vecchi, quelli degli anni ’80, quelli di quando non eravamo ancora nate o eravamo in fasce. Quelli sì che meritano. A “Léonie” ci potete arrivare anche in un secondo (o terzo) momento.
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