4 agosto 2013

"Beata lei" di Julia Llewellyn

Per certi versi è triste il destino dei libri d’estate: bagnati, spiegazzati, stropicciati, insabbiati. Letti tutti d’un fiato per passare il tempo, a volte così velocemente che si rischia di saltare qualche parola o addirittura qualche riga.
E se sono libri senza sovracopertina (orrore!!), si riempiranno di orecchie e nervature che ne decreteranno l’impresentabilità nella libreria di casa l’inverno successivo.
Però a volte è proprio questo che li rende speciali, un po’ vissuti, un po’ compagni di viaggio nelle afose, soleggiate, piovose o noiose giornate d’estate.

Mi rendo conto che questo inizio così poetico mal si addice alla sostanza di questo libro, letto per davvero tutto d’un fiato ma solo perché… non c’era niente di meglio da fare. Povero lui, che vita indegna.
Se fossimo al suo funerale (e un po’ è così, perché veramente in questi 3 giorni di lettura gliene ho combinate di ogni), direi qualche frase di circostanza come: “Era dedito e onesto, con umiltà svolgeva il ruolo che gli era stato assegnato nella società”.
La verità è che l’assenza di ambizioni non lo ha reso peggiore, solo ordinario, un po’ come quando la maestra a scuola dice a un genitore: “Suo figlio è intelligente, ma proprio non si applica”. Ecco cara autrice dal cognome impronunciabile: non è che proprio tu ti sia ammazzata di fatica eh?

Il peggior difetto del libro è che il tris delle coppie che si avvicenda nel libro passa da momenti di stereotipizzazione totale a momenti di allontanamento cosmico da qualsiasi cosa si possa definire realistica, o anche verosimile.
I 2 personaggi principali nel complesso non erano disegnati male, è stato il ritmo del libro ad essere ondivago. C’è un momento molto toccante quando le 2 protagoniste ripensano ciascuna a suo modo alla propria amicizia, ripercorrendone le fasi e soprattutto i motivi che hanno causato l’allontanamento: ecco questo sì che è stato un momento molto vero. Ma controbilanciato dall’assoluta irrealtà (di cui parlavo poco fa) della terza coppia in gioco, la versione cattiva di Dharma&Greg: antipatici dall’inizio alla fine, forse sarebbero dovuti essere loro l’unica coppia a scoppiare alla fine del libro. E invece no, sarebbe stato troppo banale forse?

E poi ci sono un altro paio di cose a non essermi chiarissime di questo libro: ma in che anni è ambientato? La storia è così generica e priva di nessi con la realtà che sarebbe potuto tranquillamente essere stato un libro di 20 anni fa trovato in un vecchio scatolone!
Altra domanda: perché il tema dell’invidia è super presente all’inizio e alla fine del libro e invece sembra che nello svolgersi della storia sia stato dimenticato e aggiunto posticciamente in un secondo momento solo per giustificare il titolo? Mi sarei aspettata più dispetti, più bisticci… più bastardate tra le 2 amiche, un po’ stile “La mia miglior nemica”, invece al massimo le 2 si evitano e le rispettive vite viaggiano su binari paralleli. Ci sono davvero pochi momenti di confronto e di sincerità fra le due, nemmeno alla fine, e questo è un peccato perché poteva essere un bel libro sul concetto dell’amicizia ritrovata, mentre invece la fine scorre via come acqua in un ruscello, con il solito epilogo troppo frettoloso di chi non sa quanto tempo metterci a far quadrare i conti finali.

The LR advice: Non eccelso, né eccezionale, ma comunque sia onesto, si fa leggere anche se… onestamente (giusto per rimanere in tema) c’è di meglio questa estate da leggere sotto all’ombrellone!

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